Egoist

Ma voi ve la ricordate l’ultima volta che qualcuno vi ha chiesto “come stai” e avete risposto “bene”? Anche solo per cortesia? Anche solo per chiudere lì una domanda del cazzo perché, chi te la fa, non vuole davvero sentire la risposta? Io no.

Il mio livello di stanchezza, misto a malessere, misto a misantropia è talmente alto, che nessuno si osa nemmeno più farmela, quella domanda del cazzo. Ne fanno un’altra che è ancora peggio, che uno dice: “Dovresti saperlo che non c’è limite la peggio!” ed è vero, ma pure sulle leggi di Murphy, la stanchezza, non aiuta. E quindi il mood di chi ho attorno, di chi mi vede, chi mi saluta per strada è: “Sei stanca?”

Ma mi prendete per il culo? Secondo quale criterio sociale maledetto una donna di quasi 40 anni, con un bambino di neanche un anno avuto dopo una gravidanza bruttissima ed un cesareo d’urgenza, lasciata sola dalla famiglia perché distante, a gestire coliche, punti di sutura, allattamento e tutto il resto, che dorme poco e male, con 10cm di ricrescita e altrettanti di occhiaie, può non essere stanca?

Non è una prova trucco per Halloween. Non sto lanciando la moda della sciattona dopo un rave, non mi sto divertendo e nemmeno riposando, mai. Sono una mamma sola, che non ha più 20 anni, con un bambino che ha smesso di succhiare la tetta ma continua con l’anima, che sta facendo inserimento al nido e ci prende anche un po’ per il culo, mentre scopro che, in quell’ora che se lo tengono le educatrici, tu pensi che finalmente avrai il tempo di sistemare quel bordello post sisma che è diventata casa tua e invece no, fai appena appena in tempo a fare la cacca, poi devi già andarlo a riprendere.

Non sono stanca, avete ragione. Sono al livello successivo, che non so nemmeno come si chiama. È quel misto di devastazione, sconforto e tristezza. L’inadeguatezza del rendersi conto che qualunque cosa si faccia non sarà mai abbastanza.

Però io questa cosa, onestamente ho provato a vivermela bene, davvero, ma questa filosofia del non farcela come stile di vita, che mi ha regalato molti sorrisi e mi ha fatto sentire meno sola nel mondo delle mamme che non ce la fanno, non fa per me. Sono una mamma di merda sotto molteplici punti di vista, ma non mi va giù.

Io ce la voglio fare. Voglio essere quella mamma che si sveglia prima di tutti col sorriso, che prepara la colazione, fa il bucato, stende e ritira, svuota la lavastoviglie, va a lavorare, torna a casa e va avanti a fare quello che c’è da fare perché un bambino cresca in una casa pulita e ordinata, senza gattonare tra briciole e capelli morti di mamma, in un clima sereno e pieno d’amore. Io voglio essere quella persona, non voglio essere questa povera crista distrutta e incazzata verso tutti quelli che incontra, una demente che ormai parla come le definizioni delle parole crociate perché mentre parla non le vengono le parole. Ma non ce la faccio.

Non ce la faccio. Da sola, non ce la faccio. Ho bisogno di aiuto, di un aiuto più concreto di quello che può dare il mio compagno, con tutto l’impegno che ci mette. Ho bisogno, davvero, di qualcuno che faccia le cose al posto mio. Qualcuno che arrivi dove non arrivo più io.

Il problema è, di questa mia maternità, che l’unica cosa di cui ho bisogno è l’unica che non posso avere (o che potrei avere solo pagando). E mentre evito gli specchi per gli ultimi 15 giorni che mi separano dal mio rientro al lavoro, il piccolo Satana dorme beato dopo avermi fatto dannare un’ora. Ed io non ho nemmeno le forze per alzarmi ad andare a fare la pipì.

Li faranno i Pampers della mia taglia?

Madri di merda e dove trovarle

Oggi mi gira così e quindi voglio vedere se riesco a sfogarmi. Ringrazio Dio di aver mantenuto attivo questo spazio mio personale e ringrazio anche siate in pochi a leggerlo, così posso scrivere quello che voglio senza candidarmi alla gogna mediatica.

Da qualche giorno non sopporto più mio figlio. Anzi, credo che la poca sopportazione sia reciproca, ma essendo io una madre degenere, potrei effettivamente non cogliere i segnali e sbagliare, magari quando mio figlio mi guarda e piange anche se è pulito, mangiato, cacato, dopo aver finito il repertorio di vocine, faccine, canzoncine e balletti, dopo aver fatto riposino, passeggiatina e dopo le dovute coccoline, piange fino a tirarsi il fiato perché mi ama incondizionatamente e non può stare senza di me. Ed io non capisco un cazzo. Quando arriva suo padre la sera spara fuori dei sorrisi che illuminano la stanza, ma io non capisco un cazzo. Io cita e tetta. Olle’.

Allora mi è venuto da pensare, confrontandomi con altre mamme, che probabilmente io non sono proprio la migliore delle madri, ma probabilmente c’è qualcosa della maternità che nessuno vuole mai dire perché fa brutto. E allora lo dico io: può anche succedere che tuo figlio (o figlia o come fa figo adesso “figli*”) sia effettivamente un rompi coglioni. Può essere che tu sia stata effettivamente sfortunata e che ti sia capitato il pargolo col carattere di merda, e non è colpa di nessuno, non è genetica, a loro viene proprio spontaneo, appena usciti dall’utero, rompere i coglioni. Così, mentre le altre mamme ti narrano di pisolini diurni di 4 o 5 ore e di nottate senza risvegli, tu arrivi da un mese e mezzo di coliche, da un’altro mese di veglie di 8 ore diurne e da nottate ad allattare ogni due ore e ti senti miracolata quando quel piccolo demone uscito dal tuo corpo ti grazia con un riposino di 40minuti. 40 MINUTI! Signore e Signori e Signor*. Avere ben 40 minuti liberi per se stesse. Per fare cosa? Un cazzo. In 40 minuti ho scoperto che non si fa un cazzo. Perché 10 li perdi a fissare la creatura, perché lo sai benissimo che aprirà un occhietto malefico e se non vedrà nessuno ricomincerà a sbraitare. Quindi stai lì e controlli. Ogni tanto chiudi gli occhi anche tu, ma lo fai col terrore di addormentarti e buttare all’aria minuti preziosi. Alla fine ti resta mezz’ora per lavarti veloce, vestirti, fare una lavatrice senza sapere se e quando riuscirai a stenderla e figurarsi a ritirarla, magari fai la cacca in pace e ottimizzi leggendo le mail, controllando il conto in banca, insomma, produci su più fronti.

Intanto casa tua fa schifo. Polvere a mo di moquette, pavimenti che fanno talmente schifo che sono le formiche a portarti via le briciole da terra perché gli fai pena. Ovviamente lo fanno driblando tra i capelli che perdi ormai ovunque. Tutti a cacarti il cazzo che allattare al seno è la cosa migliore che puoi fare per tuo figlio, che più lo fai è meglio è, ma nessuno che ti spiega come il tuo corpo, per produrre latte, si debiliti per far fronte a tutto. Se allatti hai sempre una fame ed una sete insaziabile, sei stanca morta h24 già per ovvi motivi, ma così lo sei ancora di più. Non ti dicono che, a tempo indeterminato, dovrai dormire con il reggiseno e le coppette assorbilatte e guai se te le scordi! Basta il minimo schiacciamento di tetta mentre dormi e il sacro nettare che produci impegnerà tutto. E il latte materno appiccica. Tanto. E i capelli li perdi sempre, anche se li leghi si divincolano dall’elastico per poi accasciarsi a terra, morti. Lo sanno anche loro che non li raccoglierai mai ma gli sta bene così. Sono rassegnati al loro destino come lo sono le piante in giardino. Nessuno le cura più.

Non lo dicono mai quanto può farsi odiare un bambino, anche se piccolo e indifeso. Di quanto possa farti salire il crimine alla milionesima volta che lo cambi e mentre è sul fasciatoio ti sferra un calcio ben assestato dove hai la cicatrice del cesareo. L’istinto è di farlo volare sul letto con una mossa di wrestling e poi fargli la 619. Non sai come ma vorresti fargliela. E mentre trattieni le madonne e ti tieni l’addome che fa un male cane ancora, dopo 4 mesi, lui ride. Ride anche quando sbadigli alle 4 del mattino mentre cerchi di cambiargli il pannolino nella penombra per non svegliarlo troppo.

Nessuno dice mai che attraversano varie fasi, questi pupi, in cui magari tu non puoi lasciare la stanza 10 secondi che a loro viene una crisi isterica come se stessero per morire arsi vivi, e tra quelli che ti diranno che è normale e passerà ci sono quelle (mamme, stronze) che invece ti faranno sentire una deficiente, perché ‘sto bambino è troppo attaccato a sua madre e non va bene, che deve imparare a stare con gli altri.

Poi una cosa ve la svelo io: nessuno vi dirà come migliorare le situazioni. Nessuno.

-“Ma quindi, con chi dovrebbe stare un neonato se non con sua madre?” – SILENZIO DI TOMBA

-“Ma se sono sola e non ho nessuno che me lo tenga, a chi lo smollo?” – E CHE CAZZO NE SANNO LORO. Chi ti dice così di solito ha i nonni, o gli zii. O è ricco e paga la baby sitter o ha avuto la fortuna di poterlo inserire al nido.

Anche sulla questione nido nessuno ti dice come stanno le cose. Che dovresti iscrivere un bambino quando ancora non è nato per garantirti il posto. Che spesso anche gli asili comunali sono gestiti da cooperative e quindi ‘sto cazzo alle graduatorie e all’ ISEE: chi prima paga prima si tiene il posto. Questo è.

Mio figlio è bellissimo. Un bambolotto cicciottoso, enorme, veste già 9/12 mesi e non ha capito che la mamma non ce la fa a tenerlo ore in braccio perché per farlo nascere si è distrutta fisicamente (e pure un po’ mentalmente). Lui non lo sa che la mamma è sola con lui tutto il giorno e che non sa che cazzo fa, che ci prova sperando di far bene. Non lo sa che anche solo un’ora di stacco, un aiuto, qualcuno che lo prende e lo porta fuori farebbe la differenza, che così forse sopporterei i suoi capricci (sì, lui capriccia eccome) senza subirli. Oggi ho guardato suo padre e gli ho detto chiaramente che non lo sopporto più, il mio bambolotto. E non me ne vergogno. Avere un bambino così ed essere sole vuole dire tirarsi il collo. O forse è solo che io non sono in grado e, in carenza di sonno, il meglio che posso fare finisce qui.

Su una cosa mi sento di essere assolutamente ferma e concisa. Una cosa che già sapevo, ma che per un attimo ho dimenticato, sperando che magicamente le cose sarebbero andate a posto da sole: a posto da solo ci va solo il robot aspirapolvere, se siete abbastanza ricche da comprarlo. Se non avete aiuto dalla famiglia e/o non siete benestanti abbastanza da potervi permettere di rinunciare a lavorare o di vivere almeno 3 anni con il 30% dello stipendio prima e pagando la retta del nido oltre a tutto il resto, se sapete già che una mano la troverete solo in fondo al vostro braccio, lasciate perdere. Non state a farli i figli. Davvero, evitate, perché se siete fortunate, e vi capita il bambino bravo, magari riuscirete pure a vivervi tutto nel migliore dei modi, ma se non vi va di culo sarete talmente stanche e stressate da non godervi più nulla. E non sarà né colpa vostra né del vostro bambino. Ormai sarete in ballo e dovrete ballare in attesa di tempi migliori.

Sperando durino più di 40 minuti.